Nel mondo libero professionale si fa sempre più problematica la possibilità di una cessione dei propri studi professionali, stimando correttamente il valore della propria “professionalità”. Sia la dottrina che la giurisprudenza sono concordi sul fatto che ogni attività libero professionale dipende fortemente dalle “skills” del fattore umano. Il professionista ed il personale qualificato sono parte essenziale dello studio e poter stimare un valore certo su un dato non standardizzabile non sempre è semplice vista l’impossibilità della strutture che prescindono la figura del titolare.
Dal punto di vista fiscale non è quindi sempre semplice stimare il valore di questa attività in quanto non valutabili come un’attività imprenditoriale. Essa è formata principalmente da rapporti fiduciari tra l’assistito ed il professionista dettato da un rapporto di stima.
La pratica di cessione dello studio viene considerata una “Cessione della clientela” ed è l’operazione con cui il libero professionista cede lo studio professionale tramite accordi che vanno al di là della mera vendita. Tra le parti si stipula un vero e proprio contratto di cessione dove parte cedente oltre a “vendere” a parte cessionaria, assiste la stessa tramite un processo graduale di fidelizzazione della clientela. Tale contrattualistica inizia con la sottoscrizione di un contratto preliminare che riporta le condizioni economiche, la vendita delle attrezzature, il trasferimento dei rapporti con fornitori e clientela e appunto i diritti ed i doveri che le parti debbono rispettare.
Alla sua stipula viene versata dalla parte cessionaria, una “caparra confirmatoria” ai sensi dell’articolo 1385 del Codice Civile che riveste titolo di stima del risarcimento. Se il contratto viene adempiuto dalle parti, allora essa ha carattere di acconto sulla cessione (quindi imponibile IVA), laddove invece venissero disattese le pattuizioni contrattuali, allora si presentano due ipotesi:
- Se il cessionario diventa inadempiente al contratto, egli perderà la caparra versata in favore del cedente;
- Se il cedente diventa inadempiente al contratto, egli sarà chiamato a rifondere il doppio della caparra al
Dal punto di vista fiscale la caparra confirmatoria non è suscettibile di imposizione diretta fino al completo adempimento del contratto, nel caso in cui dovesse manifestarsi la situazione di inadempimento da parte del cessionario, l’incasso della caparra confirmatoria da parte del cedente sarà considerato alla stregua di un rimborso forfettario per il danno arrecato e quindi non determina base imponibile per la determinazione dell’IVA (Rif. Ordinanza n.3736/2019 della Corte di Cassazione).
Al realizzarsi delle pattuizioni contrattuali, si passa al “contratto definitivo”. In questa fase la caparra confirmatoria si trasforma in acconto sulla cessione dello studio professionale e ne consegue che l’intero corrispettivo pattuito rientra tra i redditi professionali ai sensi dell’art. 54, comma 1-quater del T.U.I.R. Pertanto il valore di vendita della parte imputata a valore dello studio concorrerà alla formazione del reddito professionale per il cedente e costo deducibile per il cessionario sulla base del principio di cassa (ovvero i redditi vengono dichiarati o i costi dedotti in base alle somme percepite o corrisposte nell’anno d’imposta). L’incasso del corrispettivo da parte del cedente, sarà quindi soggetto all’emissione di una fattura assoggettata ad IVA, ritenuta d’acconto e cassa previdenziale.
La parte di corrispettivo invece destinata al riacquisto dell’attrezzatura sarà invece soggetto al meccanismo delle plusvalenze e minusvalenze a seconda della differenza tra valore residuo del bene e prezzo di cessione (art.54, comma 1-bis del T.U.I.R.). In questo caso il cedente emetterà una fattura soggetta ad IVA, ma non a ritenuta d’acconto e cassa previdenziale.
L’ultima differenza riguarda l’assoggettamento all’imposizione fiscale in quanto questa può variare a seconda di un pagamento rateizzato o di un pagamento in unica soluzione (o rateizzato, ma saldato nello stesso anno d’imposta). Nel primo caso si ha la tassazione soggetta all’art. 54, comma 1-quater del T.U.I.R., nel secondo caso è invece possibile optare per il regime di tassazione separata ai sensi dell’art. 17 lettera g-ter) del T.U.I.R. Questo ultimo metodo di imposizione ha appunto lo scopo di evitare che i redditi derivanti dalla cessione della clientela possano cumularsi con altri redditi percepiti nell’anno, raggiungendo i livelli di aliquote più elevate.