Nell’analisi del processo evolutivo dello studio professionale o della società odontoiatrica, non si può prescindere da un attento esame dei costi di gestione, che incidono sulla redditività dell’attività professionale.
Quando parliamo di controllo dei costi, dobbiamo mutuare ciò che avviene nelle società commerciali e industriali attraverso l’applicazione del controllo di gestione, che abbiamo come riferimento, apportando i dovuti correttivi, tenuto conto della specificità del settore professionale.
Approntare qualunque forma di controllo presuppone un’analisi dell’impianto contabile, utilizzato dal professionista, che deve essere adeguatamente implementato in ragione delle singole voci di costo periodicamente da attenzionare.
L’approccio non dovrà essere dogmatico, ma flessibile con propensione al cambiamento anche di abitudini consolidate nel tempo. Il lavoro sarà modulato, a seconda della struttura organizzativa ( studio individuale – srl ) del professionista, con il fine ultimo di redigere budget preventivi e consuntivi, per monitorare lo scostamento dei costi caratteristici dell’attività.
Tramite la verifica storica dei costi operativi si costruisce un vero e proprio modello di analisi.
Tra i costi operativi rilevanti segnalo, a titolo esemplificativo:
- il costo del materiale (dentale, protesico, ortodontico e sanitario),
- il costo per i servizi di terzi (protesici e ortodontici ),
- il costo dei collaboratori professionisti,
- quello per il godimento dei beni di terzi (locazioni passive, leasing e noleggi), le assicurazioni professionali, le spese di manutenzione ordinaria, le spese di pubblicità,
- non ultimo il costo del personale, diviso per mansione (assistenti di studio e personale amministrativo).
La corretta contabilizzazione analitica per centri di costo, negli anni, consentirà il monitoraggio puntuale delle singole spese, con evidenza degli scostamenti rispetto all’annualità precedente, il calcolo del margine operativo lordo (MOL o EBITDA) e del flusso di cassa (cash flow), generato dalla gestione corrente.
Sarà importante pianificare anche gli investimenti, scegliendo con oculatezza le fonti di finanziamento adeguate, costituite dal capitale proprio, dal credito bancario oppure dal leasing finanziario, con conseguente differente deducibilità fiscale.
Il professionista è chiamato a vincere la sfida della concorrenza e per limitare il rischio di impresa, dovrà adottare quelle tecniche di controllo, proprie delle imprese, impegnandosi nella redazione di budget previsionali, con verifiche periodiche a consuntivo, per dare evidenza degli scostamenti e poter così intervenire sulle voci di spesa, senza pregiudicare il livello qualitativo delle prestazioni offerte ai pazienti, ma con la consapevolezza del valore aggiunto di ogni singola prestazione.
Nel dettaglio, procedendo con una corretta imputazione analitica delle voci di costo sopra meglio indicate e dei relativi ricavi, sarà anche possibile scorporare la redditività delle macro aree del business professionale.
La corretta impostazione contabile è, quindi, funzionale a molte attività tra le quali:
- il monitoraggio della marginalità dello studio, utile per l’applicazione del giusto compenso alle prestazioni erogate;
- la determinazione del valore dello studio/società, che non può prescindere da una corretta analisi economica, rivolta ad evidenziare le componenti straordinarie di costo e di ricavo, che possono influenzare la stima. E’ infatti tipico nella valutazione di un’attività, per un’operazione di cessione, acquisizione o semplicemente di conferimento in società, procedere alla normalizzazione del reddito attraverso la “sterilizzazione” delle sue componenti straordinarie, costituite dai costi non caratteristici o non ricorrenti e dai ricavi per loro natura non ripetibili.
Modello di riclassificazione
Di seguito riporto un esempio di riclassificazione contabile, che dovrà ovviamente essere calibrata in ragione delle caratteristiche del singolo studio, sia in termini di costi sia di ricavi, tenuto conto che ogni elaborazione richiede sempre, per essere significativa, un’adeguata personalizzazione dell’impianto contabile costituito da costi fissi, variabili e dai ricavi delle prestazioni.
L’analisi di bilancio costituisce sempre un’opportunità per monitorare l’attività professionale, per misurarne la produttività e verificare l’equilibrio economico.
Un importante indicatore di redditività è il margine di contribuzione (MdC).
Detto indicatore può essere calcolato sia sul valore complessivo dei ricavi dell’attività (cosiddetto margine di contribuzione a livello unico), sia sulle singole prestazioni professionali (margine di contribuzione multilivello).
Il margine di contribuzione è dato dalla differenza tra il fatturato e i costi variabili dello studio ed è utile per verificare la redditività generata dalle prestazioni erogate ai pazienti e per determinare il punto di pareggio dell’attività, cioè i ricavi necessari a coprire tutti i costi d’esercizio.
Nel prospetto è riportato un esempio di matrice per il calcolo del margine di contribuzione, con riferimento a due prestazioni di ricavo diverse, ipotizzate con le lettere X e Y.
I costi fissi sono costituiti da tutti i costi sostenuti indipendentemente dai ricavi prodotti, ad esempio locazioni, ammortamenti, oneri finanziari, ecc.., mentre i costi variabili sono tutti i costi direttamente correlati ai ricavi, che si movimentano, quindi, in rapporto alle prestazioni svolte (materiale utilizzato, servizi di terzi, ecc …)
Nell’esempio ipotizzato, il margine di contribuzione mette in evidenza come le due diverse prestazioni (X e Y), che generano entrambe ricavi, contribuiscano però in misura differenziata alla copertura dei costi fissi e all’utile operativo; infatti il ricavo da prestazione X ha un’incidenza sul margine di contribuzione totale del 65,22%, contro il 34,78% del ricavo Y.
Per generare profitti, quindi, il margine di contribuzione complessivo deve essere superiore ai costi fissi della struttura.
Gli esempi proposti hanno la finalità di sensibilizzare il professionista rispetto ad una tematica, quella contabile e di analisi, spesso sottovalutata, ma che aiuta a capire gli elementi di forza e di debolezza di una struttura professionale, organizzata sia in forma individuale sia societaria.
Anche la scelta della struttura organizzativa è un elemento importante anche se potrebbe sembrare non pertinente all’analisi di bilancio ed al calcolo delle marginalità. Infatti le norme fiscali richiedono l’assolvimento di obblighi contabili differenti a seconda del vestito giuridico indossato (professionista individuale o società).
Una società di capitali (es. SRL) deve adottare di default la contabilità ordinaria, che consente un controllo approfondito dello stato di salute dell’attività, con obbligo di registrazione sia dei movimenti finanziari sia di quelli di conto economico, utilizzati per la redazione del bilancio.
Il professionista, lavoratore autonomo, invece, registra i costi ed i ricavi in base al principio di cassa ovvero rispettivamente al momento del pagamento e dell’incasso.
Sicuramente avere la disponibilità di una contabilità analitica e conseguentemente di un bilancio agevola e rende più puntuale il lavoro di analisi dell’attività, ma anche nel caso del professionista autonomo, che segue un regime “semplificato” per cassa, sarà possibile approntare un sistema di controllo e monitoraggio che gli consenta di pianificare le strategie di crescita.
Dobbiamo porci diverse domande per meglio comprendere quale veste giuridica assumere, quale contabilità adottare e quale modello di analisi applicare, in funzione delle singole esigenze e aspettative, per riuscire a “surfare” il cambiamento.